La tradizione del Viniyoga deriva dall’insegnamento di Tirumalai Krishnamacharya, in modo particolare dalla linea di trasmissione di suo figlio T. K. V. Desikachar, che a partire dagli anni sessanta ha ricevuto da suo padre gli insegnamenti dello yoga, tramandandoli a decine di allievi in tutto il mondo.
Il termine viniyoga è tratto dagli Yoga-sūtra di Patañjali. Il sūtra III. 6 (tasya bhūmiṣu viniyogaḥ), fa riferimento a una «applicazione progressiva» delle tecniche dello yoga, applicazione che deve tenere conto dei diversi livelli (bhūmi) dei praticanti e di tutte le loro caratteristiche individuali: sesso, età, salute, educazione, cultura, sensibilità, credo religioso e aspirazioni. Il termine viniyoga si riferisce dunque allo spirito di tutto lo yoga insegnato da Krishnamacharya, che ha sempre insistito sull’importanza e la necessità di adattare e calibrare la pratica alla singola persona.
A partire dagli anni ottanta, grazie al lavoro di Desikachar e di vari allievi occidentali il patrimonio di tecniche e conoscenze del Viniyoga è stato trasmesso a un pubblico più vasto. La rivista “Viniyoga”, fondata da Claude Maréchal, per anni, ha veicolato questo insegnamento in modo aperto e non settario.
Il Viniyoga non va considerato una tradizione chiusa e immutabile, ma piuttosto un metodo di pratica i cui principi possono adattarsi a ogni genere di praticante: dal bambino all’adulto, dall’atleta alla persona sedentaria o ammalata.
Esso coinvolge ogni livello dell’individuo rispettandone l’unicità e le aspirazioni. Le tecniche di āsana, prāṇāyāma e mudrā proposte nel Viniyoga variano a seconda delle capacità e delle necessità del singolo praticante. La pratica può dunque prendere diverse direzioni: quella della cura (cikitsā), della protezione (rakṣaṇa), dell’apprendimento sistematico (śikṣaṇa), dello sviluppo delle potenzialità individuali (śakti) o dell’interiorizzazione (adhyātmika).